La città degli specchi, le ragazze del Virgilio impegnate nella valorizzazione degli archivi manicomiali campani.

0
535
CartolibreriaShop.it acquista online tutti i prodotti per la scuola e per l'ufficio. Zaini, astucci, colori, penne, quaderni, raccoglitori, evidenziatori, Stabilo, Legami Milano, Eastpack, Invicta, Pool Over, Panini, Seven

Scuola-Virgilio-Marone-ingressoSabato 9 aprile giunge ad Avellino, nel liceo “Publio Virgilio Marone”, ospite del Dirigente Scolastico Prof. Paola Santulli, l’ultima tappa di un’intensa 3 giorni di dibattiti e incontri, “La città degli specchi. Memorie dal manicomio“, l’iniziativa promossa da URIT, l’Unità di Ricerca sulle Topografie Sociali dell’Università Suor Orsola Benincasa, insieme alla Fondazione Basaglia e all’associazione ‘le Parole e le cose’.

Il convegno è la prima iniziativa di un più vasto progetto di recupero e valorizzazione degli archivi manicomiali campani, un patrimonio di inestimabile valore composto da oltre 120 mila cartelle cliniche e un’immensa mole di documentazione amministrativa e bibliografica. Co-protagoniste di questo progetto le studentesse della 3^ C del Liceo delle Scienze Umane che, coordinate dalla prof. Luisa Bocciero, hanno iniziato lo studio di queste tematiche, incontrando e restituendo la storia di Nina.

Nina ha 16 anni quando, nel 1967, nona figlia di una famiglia contadina, viene internata al Leonardo Bianchi di Napoli. Il suo ricovero dura 2812 giorni, la maggior parte legata ad un letto, mentre le vengono praticati più di 40 coma insulinici, decine di attacchi febbrili indotti e 40 elettroshock, insieme alla somministrazione di dosi sempre maggiori di neurolettici. Gli psichiatri, nel tempo, la descrivono piagnucolante, querula, fatua, abulica, lurida. Nella notte di Pasqua del 1975, a 24 anni, a seguito di un litigio con un’altra ricoverata, non avendo ricevuto alcuna assistenza, muore in un letto della “sezione agitati”, dopo 4 ore di agonia. La procura aprirà un fascicolo ma il caso non giungerà mai in tribunale. I giornali locali, nei giorni successivi al suo decesso, titolano: «Colpita alla testa è morta una pazza».
Le giovani studentesse irpine, a partire dalla storia di una loro coetanea finita in manicomio perché, si legge nella cartella clinica, «si mirava continuamente allo specchio, a volte piangeva. Una notte riferì di vedere un uomo che girava per la casa», hanno rivisitato l’evoluzione dell’assistenza psichiatrica italiana, contestualizzandola nella più ampia cornice storica e sociale del Paese. Nel corso dell’incontro presenteranno il video che hanno realizzato per raccontare questa esperienza.
«Siamo particolarmente felici di quanto realizzato dalle studentesse di Avellino» afferma il coordinatore di URIT e docente di sociologia generale al Suor Orsola, Antonello Petrillo, anche lui irpino: «Il lavoro di studio e ricerca degli specialisti è senz’altro necessario, ma, al contempo, dobbiamo trovare il linguaggio che ci consenta di dialogare con i più giovani. La risposta delle ragazze di questo liceo è stata qualitativamente straordinaria. Con il progetto che abbiamo messo in campo vogliamo restituire diritto di dignità e parola a tutte quelle vite violentate e offese dalle istituzioni totali manicomiali. Vite di ragazze come Nina e centinaia di migliaia di altre donne, uomini, anziani, bambini, spesso finiti in manicomio perché poveri o “scandalosi”, anomalie rigettate come un pericolo dalla società».

«Dall’Irpinia -continua Petrillo- in migliaia, soprattutto dalle montagne e dalle campagne, per ragioni che spesso nulla avevano a che fare con la follia, sono stati internati nei manicomi di Nocera, Napoli e Aversa. Ritrovare le loro vite vuol dire anche ricostruire e comprendere la nostra storia. Quello degli archivi degli ex-manicomi è un patrimonio straordinario, che ci consente non solo di rintracciare l’evoluzione storica, antropologica e sociale dell’assistenza psichiatrica e dei dispositivi biopolitici di governo dei viventi ad essa collegata, ma ci fornisce anche le chiavi per decifrare logiche e prassi che, nel nostro presente, tornano a presentare quel “fascino discreto del manicomio” di cui già parlava Franco Basaglia».

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here