Civica e Popolare, i De Mita analizzano la sconfitta elettorale: chiusa stagione del bipolarismo.

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Sono poche parole quelle che Ciriaco De Mita affida alla platea nella prima riunione dopo i risultati elettorali. Poche parole nelle quali si mescolano la delusione («non riesco ancora a spiegarmi cosa sia accaduto») e la speranza («la vostra presenza mi ha trasmesso la convinzione che la cosa che abbiamo tentato non era del tutto inutile»). E dentro queste parole c’è tanta stima per il nipote Giuseppe («ha fatto un gran discorso che è la migliore risposta ad un gruppo di avventurieri che voleva spiegare perché non avrebbe dovuto essere candidato: lui è una persona perbene, qui non ci sono avventurieri») e la consapevolezza che si può andare avanti nonostante le difficoltà. Certo, la sconfitta elettorale è stata netta e senza appello, ma a perdere non è stata solo una lista costruita in fretta e furia e alleatasi con un Pd «nel peggior momento della sua storia». Gli elettori hanno punito una politica che non ha saputo dare le adeguate risposte ad un disagio sempre crescente e che Lega e M5S hanno saputo interpretare nella maniera giusta. Ma quella sala gremita è pronta a rimettersi in marcia per una lunga traversata che però, già tra un paio di mesi, raggiungerà il primo approdo: le amministrative nel capoluogo.

Anche Giuseppe De Mita non nasconde la sua sorpresa per il dato che, però, analizza andando oltre i numeri. «Abbiamo affrontato una campagna elettorale, consapevoli che ci stavamo muovendo in una condizione difficile, anche se pensavamo che nelle nostre comunità il senso di solidarietà, la conoscenza tra noi avrebbero potuto fare da argine. Invece non è stato così e le cose qui sono andate esattamente come nel resto del Paese». Secondo De Mita questo risultato non è maturato negli ultimi mesi, «ma è figlio di una dinamica lunga, di quanto si è verificato in questi anni che assomma il progressivo screditamento delle istituzioni ad una insicurezza diffusa che, dalle nostre parti, ha finito con l’alimentare il rancore individuale». Elementi ai quali si è andato ad aggiungere «la fragilità degli appigli ai quali la società si era rivolta nel passato». Ed è evidente il riferimento a Forza Italia e Pd che, appena dieci anni fa, avevano «cannibalizzato», l’elettorato e che oggi sono i grandi sconfitti, «chiudendo definitivamente l’illusione che il sistema si potesse organizzare su base bipolare». Oggi a trionfare sono Lega e Movimento Cinque Stelle «che però non raccolgono il consenso su una motivazione positiva di uscita dalla crisi» e questo, secondo Giuseppe De Mita, «porta al rischio di fare confusione tra le ragioni dell’insofferenza e le vie individuate per uscirne e questo conduce ad un pericoloso sconto tra pezzi di società». Tutto questo, però, non deve «farci cadere nell’errore di una lettura normalizzatrice del fenomeno populista: se facessimo così, spingeremmo l’esasperazione all’eccesso». Parlando della sua campagna elettorale, l’oramai ex parlamentare ha spiegato che «non siamo andati in giro a dire quello che avevamo fatto e quello che potevamo promettere: non era utile la prima cosa, non serviva la seconda, abbiamo invece cercato di recuperare la solidarietà umana, il contatto con le persone. E questo modo di fare, ma mano che passavano i giorni, ci ha dato la consapevolezza che, seppure stretta, una via c’è: il recupero del dialogo con la gente perché chi è qui stasera è più sconfitto di noi perché pensava che la politica fosse una parte dell’umanità, che esistesse un altro mondo oltre a quello dell’insulto e della rabbia». E su quella strada che bisogna andare. «Dobbiamo proseguire con le nostre parole – ha detto – anche se non possiamo far finta che non sia accaduto nulla. Questo risultato ci ha detto che abbiamo il dovere di cambiare, ci ha fatto capire che c’è un’esigenza di radicali che deve trovare una via razionale per costruire il cambiamento». In buona sostanza un cambio di passo a tutti i livelli, «quello che abbiamo chiesto in Regione ma che non tutti hanno compreso», sapendo che «dal Mezzogiorno è arrivata una richiesta precisa, quella di una maggiore sicurezza sociale». Ma il percorso, per De Mita, deve essere più ampio, nazionale, «costruendo un movimento che abbia radici precisi e metta al centro la persona. Se riusciremo a fare questo allora potremo dire che oggi abbiamo perso ma non siamo stati sconfitti perché abbiamo colto l’occasione per riscoprire i nostri limiti».

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