I Privilegi di Valle D’Aosta e Trentino Alto Adige. Un tema ignorato nelle recenti elezioni amministrative. Uno squilibrio da rivedere.

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2000px-Autonomous_Regions_of_Italydi Gerardo Sano

Le recenti elezioni amministrative in Valle D’Aosta e Trentino Alto Adige, hanno scatenato  un confronto- scontro all’interno di alcune forze politiche per i risultati non buoni per alcuni o non all’altezza di quelli attesi per altri.

Non ci interessa in questa la sede affrontare la disamina dei risultati elettorali , votazioni, peraltro, influenzate, come sempre in queste terre dalla forte e radicata presenza dei movimenti autonomisti e civici.

Vogliamo invece rimarcare, che come spesso accade nelle analisi degli esponenti politici, sia prima che dopo il voto, in particolare nei partiti nazionali,  se ancora ha un senso avere regioni, piccole, poco popolate che godono di un’autonomia così forte e costosa per le casse statali, come è appunto quella di enti come la Valle D’Aosta ed il Trentino Alto Adige.

Autonomia che nel corso del tempo ha determinato la detenzione del potere in quelle aree da parte di gruppi, spesso familiari, pronti ad allearsi con l’ una o l’altra parte politica nazionale. Questa particolare situazione politica viene determinata dall’esigenza di difendere veri e propri privilegi, tutti pagati dalla collettività nazionale che nel 2015 non possono e non dovrebbero più essere considerati accettabili. Ci si domanda se è ancora pensabile richiedere sacrifici gravosi e in alcuni casi insostenibili agli enti territoriali a statuto ordinario, e continuare a foraggiare le regioni a statuto speciale come la Valle D’Aosta od il Trentino.

Il tema dello squilibrio delle risorse fra regioni che per quelle ordinarie viene risolto in parte con il fondo di perequazione, non può lasciare indenni le regioni a statuto speciale.

Non è spiegabile che le due regioni citate possano avere a disposizione fondi da spendere per i loro cittadini che ammontano a circa 12.000 euro pro capite a fronte dei circa 2000 delle regioni a statuto ordinario.

E’ uno squilibrio troppo forte, che non può non essere affrontato nel processo di riforma dello Stato.

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