La sinergia tra anestesisti, cardiochirurghi e perfusionisti del Moscati e l’ausilio di tecnologie all’avanguardia salvano la vita a un 63enne irpino.

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E’ stato dimesso dopo 78 giorni di ricovero per essere trasferito in un centro di riabilitazione un 63enne della provincia di Avellino arrivato al pronto soccorso dell’Azienda Ospedaliera “San Giuseppe Moscati” in condizioni disperate. A salvargli la vita sono stati l’ottimo lavoro di collaborazione tra i professionisti dell’Unità Operativa di Cardiochirurgia e i colleghi della Cardiorianimazione  e il supporto di un macchinario d’avanguardia.

L’uomo, già sottoposto nel 2015 a un intervento al cuore per dissezione aortica, è stato trasportato il 18 dicembre scorso alla Città ospedaliera, ricoverato nell’Unità Operativa di Cardiochirurgia, diretta dal Franco Triumbari, e sottoposto d’urgenza a un nuovo intervento. E’ stato quindi trasferito in Anestesia e Terapia Intensiva Cardiochirurgica, dove il direttore del reparto, Arianna Pagano, ha valutato che, sebbene l’intervento fosse riuscito, l’unica possibilità affinché il paziente sopravvivesse alle sopravvenute  gravi complicanze respiratorie sarebbe stato il ricorso all’Ecmo (Extra Corporeal Membrane Oxigenation), un macchinario di supporto vitale che consente di sostituire – a seconda dei casi –  la funzionalità polmonare o cardiaca. Per il 63enne l’apparecchiatura è stata utilizzata per garantire un’adeguata ossigenazione del sangue, poiché la funzionalità dei polmoni appariva seriamente compromessa. Grazie a questa sorta di by-pass extracorporeo di tipo veno-venoso, l’uomo è riuscito a superare la fase critica e, dopo circa venti giorno dall’applicazione del trattamento, è stato “svezzato” e si è gradualmente ripreso.

«Di fronte a casi disperati – sottolinea la dottoressa Pagano – quando la scelta terapeutica si rivela giusta è sempre una grande soddisfazione per gli operatori sanitari. Il paziente era ormai dato per spacciato perché presentava una quadro clinico estremamente complesso. Ma grazie a un lavoro multidisciplinare, che ha visto impegnati cardiochirurghi, anestesisti, perfusionisti e il personale infermieristico della Terapia Intensiva, l’uomo è stato salvato e ha potuto riabbracciare i suoi familiari. Ricorrere all’Ecmo è apparsa l’unica soluzione per vicariare l’attività dei polmoni il tempo necessario a intervenire per il loro recupero funzionale».

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