Resto al Sud, CIA Campania: bene, ma divario resta largo.

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Il pacchetto di investimenti stanziati con il Decreto Sud vanno nella giusta direzione, soprattutto per quel che riguarda il ricambio generazionale e la Banca della Terra. Ci auguriamo che sia l’inizio di un cambio di rotta perché finora i numeri ci parlano di un Sud nettamente penalizzato sul piano degli investimenti pubblici”. E’ all’insegna di un cauto ottimismo il commento di Alessandro Mastrocinque, vicepresidente nazionale di Cia- Agricoltori Italiani e presidente di Cia Campania sulla conversione in legge del provvedimento che introduce agevolazioni nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

La misura prevede, in particolare, lo stanziamento di 50 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per permettere un contributo a fondo perduto fino al 35% e mutui agevolati a tasso zero agli imprenditori agricoli under 40 e la possibilità di dare in concessione o in affitto ai più giovani terreni e aree in stato di abbandono. “Quella della Banca della Terra è una causa su cui ci battiamo da anni e come Cia Campania abbiamo insistito che norme del genere siano accolte anche le PSR regionale. La direzione è giusta, ora vigileremo sull’azione dei Comuni”.

La norma prevede infatti che entro sei mesi dalla entrata in vigore del decreto Resto al Sud i Comuni dovranno provvedere a un censimento de i terreni agricoli abbandonati da almeno 10 anni e delle aree edificate ad uso industriale, artigianale, commerciale, turistico-ricettivo (compresi i negozi) in stato di abbandono da almeno 15 anni. “Non vorremmo che la burocrazia neutralizzasse gli effetti positivi di queste norme”.

Si introducono agevolazioni anche alle imprese agricole colpite dalla siccità con la proroga di due mesi per l’iperammortamento, misura agevolativa fino al 30 settembre 2018 per investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2017.

Sud, finora molte chiacchiere e poca sostanza

Ma quante risorse pubbliche ha davvero investito lo Stato nell’ultimo anno per dare forza alla ripresa nel Mezzogiorno? Da un recente rapporto della Svimez, l’Agenzia per lo Sviluppo del Mezzogiorno, emerge che nel 2016 la pubblica amministrazione ha speso in investimenti 35,2 miliardi di euro, di cui 27 miliardi di risorse ordinarie (cioè quelle strutturali e non occasionali previste nel bilancio dello Stato), e 7,7 di risorse aggiuntive (in gran parte fondi europei). Quanti di questi soldi sono stati investiti nelle regioni del Mezzogiorno? Cinque miliardi (cioè il 71 per cento) delle risorse aggiuntive e sette miliardi e mezzo (cioè il 27 per cento) di quelle ordinarie. “Si badi che quelle aggiuntive devono per forza di cose essere spese a favore delle regione meno sviluppate, quindi simo di fronte a una penalizzazione oggettiva che ora va sanata” osserva Mastrocinque.

Nelle Regioni del Sud, si legge sempre nello studio Svimez, vive il 34 per cento della popolazione nazionale (anche se nei prossimi 50 anni si prevede una perdita di cinque milioni di persone). Di conseguenza, il minimo che lo Stato e le grandi società pubbliche dovrebbero fare è investire il 34 per cento degli investimenti nel Mezzogiorno.

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