Nella relazione trimestrale sulle Condizioni Lavorative nei Supermercati del Sud Conf.S.A.F.I. Avellino lancia un allarme sociale e politico:
Nella nostra provincia, ma temiamo non solo, si sta consolidando un sistema di sfruttamento sistematico e silenzioso, che colpisce centinaia di lavoratrici e lavoratori impiegati nei supermercati, anche di grandi catene.
Un fenomeno diffuso, trasversale rispetto ai Brand, e purtroppo largamente tollerato.
Tutti i lavoratori ascoltati dalla Nostra Organizzazione Sindacale, principalmente impiegati con contratti part-time, denunciano di essere costretti a svolgere ore di lavoro supplementare non registrato, non retribuito, in piena violazione delle norme sul lavoro subordinato.
È prassi, non eccezione, che queste ore arrivino fino a raggiungere un orario di lavoro full-time di 40 ore settimanali.
Le ore “regalate” ai datori di lavoro diventano moneta di scambio per conservare il posto di lavoro.
Ciò che accomuna lavoratori part-time e full-time è che il lavoro straordinario, così come i giorni festivi lavorati, non vengono pagati regolarmente, e, in molti casi, si svolgono, a chiusura del supermercato, inventari notturni non retribuiti con l’organico al completo: ciò comporta la presenza sia dei lavoratori appena smontati dal turno, sia di quelli che rientrano per l’occasione, andando così talvolta persino in violazione del riposo minimo di 11 ore previsto tra un turno e l’altro.
Accanto a queste prassi si segnala anche un uso improprio, e sempre più frequente, dei tirocini formativi, utilizzati non per finalità di formazione ma per impiegare giovani lavoratori a basso costo, senza i vincoli di un rapporto di lavoro subordinato.
Anche in questi casi, l’apparente legalità copre situazioni in cui il tirocinante svolge mansioni ordinarie, inserito a tutti gli effetti nell’organico, ma con tutele e compensi fortemente ridotti.
Non si tratta più di casi isolati, ma di un sistema che si regge sull’omertà, sulla paura di perdere anche quel poco che si ha. Una spirale perversa che tiene in ostaggio chi lavora: il contratto formale è una facciata, mentre il lavoro reale è un’altra cosa, invisibile agli occhi delle istituzioni, ma ben nota a chi la subisce ogni giorno.
In alcune catene, inoltre, le cassiere si trovano costrette a lavorare per l’intero turno in piedi, senza alcuno sgabello né seduta, e senza una ragione organizzativa evidente: pratica questa che viola apertamente la normativa sull’ergonomicità del posto di lavoro, esponendo le lavoratrici a disagi fisici e affaticamento evitabili, in contrasto con ogni principio di tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Non si tratta soltanto di un problema fisico o contrattuale: è anche una forma di manipolazione psicologica. La ripetizione costante di queste condizioni di maltrattamento genera, nel tempo, una condizione di sudditanza emotiva nei confronti del datore di lavoro. È noto in psicologia che l’umiliazione sistematica e il controllo sulle condizioni minime di dignità possono indurre il lavoratore a sviluppare una dipendenza psicologica dal proprio sfruttatore, fino al punto da interiorizzare l’idea di non meritare di meglio, o di dover ringraziare per quel poco che ha, sviluppando una “sottomissione appresa” che spegne la volontà di reagire. Così lo sfruttamento non solo si impone, ma si perpetua.
Questo stato di timore diffuso, che abbiamo raccolto direttamente dalla voce dei lavoratori, gli impedisce di autorizzarci a formalizzare alle autorità competenti segnalazioni nominative e documentate, proprio perché la paura di ritorsioni e del licenziamento è troppo forte.
Una paura legittima e comprensibile, che però rende ancora più urgente un intervento esterno, imparziale e deciso.
Ci troviamo di fronte ad una scomoda verità che nessuno sembra voler dire: per mantenere bassi i prezzi sugli scaffali, in un Sud dove la disoccupazione è ancora altissima e i salari tra i più bassi d’Italia, si sacrifica la dignità del lavoro.
Quel “prezzo contenuto” che tutti paghiamo da consumatori, lo stanno pagando a caro prezzo questi lavoratori, con il loro tempo, la loro salute, la loro sicurezza.
La Conf.S.A.F.I. esprime piena solidarietà e vicinanza a questi lavoratori e lavoratrici, e chiede con forza l’intervento delle autorità competenti per monitorare, indagare e sanzionare con rigore queste pratiche, inaccettabili sul piano etico e illegali su quello normativo.
Chiediamo di rompere il silenzio.
Chiediamo ai cittadini di non voltarsi dall’altra parte.
Chiediamo alle aziende della grande distribuzione trasparenza e rispetto dei contratti collettivi.
Chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte.
Perché il lavoro non può essere merce di scambio.
E la legalità non può valere solo sulla carta.