Cinghiali, gli ambientalisti: serve prevenzione, non il fucile.

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Nei giorni addietro, Coldiretti ha manifestato in molte piazze italiane contro i presunti danni recati dalla fauna selvatica (in particolare cinghiali) alle coltivazioni agricole. A discredito dei cinghiali si è pronunciato anche il Presidente dell’Ordine degli Agronomi di Avellino; secondo questi – per contenere la proliferazione dei cinghiali – sarebbe necessario conferire agli agricoltori la possibilità di abbattere i cinghiali che invadono il proprio fondo e allungare il periodo di caccia da settembre ad aprile.

Questa proposta indigna e non convince affatto l’A.P.S. SOS Natura, associazione operativa dal 2017 (anno della sua fondazione) in Irpinia e zone limitrofe per contrastare i reati in danno all’ambiente, ovvero proteggere gli habitat naturali e promuovere la tutela giuridica degli animali.

<<Non possiamo accettare che la Coldiretti e l’Ordine degli Agronomi sposino teorie anacronistiche e illusorie come quelle dei cacciatori italiani.>> Inizia così il comunicato stampa di SOS Natura che prosegue: <<Per l’ennesima volta, ci troviamo costretti a correggere gravi inesattezze riguardo la presunta necessità di delegare la risoluzione della “questione cinghiali” al mondo venatorio. Volendo affrontare l’argomento da un punto di vista esclusivamente scientifico, è ormai dimostrato che la caccia non solo è inutile al contenimento della specie, ma risulta addirittura dannosa. Intuitivamente, sembrerebbe che gli abbattimenti possano contribuire a ridurre il numero di individui e l’entità dei danni alle coltivazioni, ma in realtà si verifica l’esatto contrario. In buona parte d’Europa, infatti, il numero di cinghiali continua ad aumentare nonostante gli abbattimenti; mentre vi sono popolazioni non cacciate o poco cacciate che tendono a restare stabili, facendo anche meno danni. A nostro avviso è prioritario ed essenziale il ricorso ai cosiddetti “metodi ecologici” per prevenire i danni e riuscire a convivere in armonia con la fauna selvatica. Nella fattispecie, recinzioni elettrificate e dissuasori si sono rivelati valide alternative per tenere lontani gli animali dai coltivi, laddove utilizzate e correttamente gestite. Inoltre evitano di pesare sugli equilibri interni delle popolazioni selvatiche e, di conseguenza, contribuiscono ad attenuare il potenziale proliferativo delle specie.

In tema di sicurezza stradale per noi vale lo stesso principio “prevenire è meglio che sparare”, eppure nessuna attività preventiva è stata predisposta: sensori di avvicinamento della fauna selvatica alla rete stradale, dissuasori di tipo ottico, dissuasori di tipo elettronico, dissuasori ad ultrasuoni, segnaletica verticale… queste sono solo alcune delle soluzioni poste in essere dalla Regione Emilia-Romagna in via sperimentale su alcuni tratti stradali ed il risultato è stato sconvolgente: su alcuni tratti i sinistri si sono azzerati e su altri sono ridotti drasticamente, fino ad avvicinarsi allo zero!

Pertanto condanniamo duramente questa spregevole propaganda venatoria, considerato soprattutto il fatto che proprio i cacciatori sono tra i principali responsabili della proliferazione dei cinghiali (riprodotti per la caccia e ibridati con la specie europea) e che sono i primi a trarne profitto, vendendo le carni dei capi abbattuti.

Concludendo, a nostro modesto avviso, anziché chiedere la riapertura della caccia totale ai cinghiali, la Coldiretti e l’Ordine degli Agronomi di Avellino dovrebbero piuttosto impegnarsi per chiudere tutti gli allevamenti di cinghiali tuttora autorizzati “per ripopolamento” e gestiti dai loro stessi associati e battersi affinché agli agricoltori vengano dati maggiori fondi per l’acquisto di recinzioni elettrificate, di repellenti sonori e olfattivi (come quello all’odore del lupo che è il predatore naturale del cinghiale). Inoltre potrebbero impegnarsi per promuovere una migliore gestione del ciclo dei rifiuti onde evitare che la fauna selvatica riesca ad alimentarsi grazie ai rifiuti urbani e suggerire la creazione di zone cuscinetto intorno ai centri urbani, dove sia totalmente vietata la caccia (come le “free shot-fire zone” proposte dal Prof. Andrea Mazzatenta), evitando così che gli ungulati fuggano dagli spari dei cacciatori e trovino rifugio proprio nelle città. Non da ultimo dovrebbero chiedere la creazione di corridoi ecologici sulle strade ed autostrade per evitare pericolosi attraversamenti della fauna selvatica; e promuovere l’installazione di dissuasori e segnalatori visivo/acustici sulle strade secondarie che, ove utilizzati, hanno dato risultati estremamente efficaci (vedi progetti Life Strade e Life Safe Crossing).

Non possiamo tollerare che si continui ad instillare odio e paura nell’opinione pubblica a danno di questi ed altri animali. È inaccettabile!>>

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