Confcommercio Avellino, rischio scioglimento.

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La Confcommercio di Avellino rischia di scomparire. Dopo 60 anni dalla costituzione, l’associazione dei commercianti provinciale potrebbe essere sciolta o eventualmente confluire nella ConfCommercio regionale dove avrebbe una quota di rappresentanza residua. La decisione sarà intrapresa durante l’assemblea convocata a via De Renzi. Per scongiurare che questo accada il componente della Giunta della Confcommercio provinciale Pasquale Penza lancia un appello dalle colonne di Prima Tivvu. 

Dott. Penza cosa sta succedendo alla Confcommercio di Avellino?
Intanto direi che qualcuno frettolosamente sta facendo accadere. Le riassumo brevemente la storia. La Confcommercio della provincia di Napoli ha registrato negli ultimi tempi più di qualche problema di carattere gestionale fino a farsi commissariare dalla Confederazione Nazionale. Improvvisamente, mentre si stava discutendo sugli accorpamenti regionali dei servizi, cosa anche opportuna, è comparsa la volontà di regionalizzazione delle Confcommercio Provinciali che di fatto annullerebbe completamente ogni autonomia provinciale sciogliendoci in un organismo regionale che inevitabilmente ci relegherebbe ad un mero sportello sindacale senza alcuna autonomia, improvvisamente e senza una pacata riflessione. Le motivazioni sono sostanzialmente sconosciute. Alcune fonti attribuiscono la cosa alle precarie condizioni finanziarie delle consorelle delle altre province ma che non interessano, almeno in maniera critica, la nostra.

Ma lo stato di salute della associazione irpina in cosa è diverso dalle altre?
Bisogna fare una differenza. Finquando abbiamo avuto tutti l’unico interesse per l’Associazione, le cose sono andate molto bene fino a creare un circolo virtuoso e che addirittura ha prodotto investimenti sempre tesi alla promozione del territorio e al servizio degli associati: Confcommercio partecipa interamente alla società di servizi SAC srl che si occupa dei servizi di formazione per i nostri associati, partecipa autorevolmente come socio ad importanti organizzazioni quali i Gruppi di Azione Locale GAL, agenzie di sviluppo del territorio, facendo parte di quasi tutti i consigli di amministrazione e guidandone qualcuno. Ora bisogna riconoscere che è in corso da un po’ di tempo uno stallo sia sindacale che in termini di attività. Se si riportasse l’interesse su un unico obiettivo, certamente saremo in grado di riproporre i fasti di un tempo che ci vedevano addirittura oggetto di elogi per il numero crescente di associati rispetto alle altre province in ambito nazionale.

Ma l’assemblea del 28 febbraio cosa significa per l’associazione?
La convocazione, seppure scritta in maniera stranamente criptica e non interpretabile se non in presenza dello Statuto – converrà che non è il modo per celebrare la trasparenza, porta all’ordine del giorno il “recesso” da Confcommercio nazionale e lo “scioglimento”. Tecnicamente il recesso consente all’associazione di continuare il suo percorso in autonomia senza il marchio Confcommercio, lo scioglimento invece prevede una procedura di chiusura con devoluzione dei beni ad associazioni con finalità analoghe. In entrambi i casi, chiunque avalli una delle due situazioni, sta decretando la fine di Confcommercio Avellino, a favore di qualche associazione di respiro locale, magari già costituita, oppure a favore di un’associazione Confcommercio Regionale che, per numeri, non saremo in grado di guidare in nessun modo, assumendo il ruolo di comparsa.

Ma gli organi hanno deciso già per una regionalizzazione, lei fa parte di una minoranza.
Anche in questo caso è necessario precisare che io cerco di sintetizzare il sentimento di sette dei dieci componenti di Giunta Provinciale, l’organismo più consapevole delle quotidiane problematiche dell’Associazione. Poi c’è il Consiglio che, nonostante meno coinvolto nella quotidianità della Associazione, non ha inteso deliberare e addirittura non è stato possibile nemmeno riunirlo in assise valida per deliberare sull’argomento. Si è ritenuto opportuno ricorrere all’Assemblea, che, un po’ distante dai problemi Confcommercio, potrebbe portare allo scellerato risultato.

L’Assemblea potrebbe avallare tale scelta?
Intanto non so se l’assemblea ha seguito le canoniche procedure indicate nello Statuto per la sua costituzione, ma le confesso che qualche perplessità ce l’ho. In merito alla sostanza e alla deliberazione…un po’ di pigrizia, qualche rapporto personale unito ad un insufficiente interesse, un po’ di suggestione verbale, la divulgazione di una parte della verità o, ancora più grave, la sua mistificazione, potrebbero determinare un condizionamento delle decisioni.

Qual è secondo lei l’impatto sindacale che subirà il nostro territorio?
Devastante, stiamo consegnando 60 anni di attività e di impegno sul territorio a Napoli ovvero si starebbe dilapidando un patrimonio costruito da migliaia di commercianti irpini a causa di pochi che poco e male conoscono il mondo delle imprese. Subire un altro episodio di “napolicentrismo” significherebbe dissolvere l’Associazione. L’Irpinia rappresenta circa il 7% della Campania mentre Napoli circa il 53%! Bisogna interpretare la Confcommercio così come è percepita dagli associati: la “casa dell’impresa”, dove l’Associato si reca per trovare soluzioni ai numerosi problemi quotidiani. La presenza di Confcommercio, oltre a svolgere le sue funzioni vocazionali, molto spesso risponde anche ad esigenze di tipo sociale, divenendo l’unico punto di riferimento dell’operatore che deve sentire l’associazione propria ma senza sentirsene padrone.

Ma le fusioni stanno interessando anche altri sindacati e istituzioni come la Camera di Commercio. Perché lei è critico verso la fusione della Confcommercio di Avellino?
Intanto le altre associazioni di datoriali e sindacali stanno operando in diversi modi ma sempre con grande razionalità e tenendo conto delle emergenze che provengono dalle sensibilità del territorio. Proprio dalla prossima fusione della Camera di Commercio si può raccogliere una forte indicazione per dirimere la controversia. Da nessuna parte si sta creando una regionalizzazione così spinta che metterebbe, senza alcuna spiegazione plausibile e in modo così inglorioso, la parola “fine” alla ns Associazione. Preciso che, al di là delle chiacchiere, la Campania è l’unico caso in Italia dove si sperimenterebbe lo scioglimento in una associazione regionale.

In sintesi, cosa si aspetta dall’assemblea?
La salvaguardia della Confcommercio di Avellino e di tutto il patrimonio che finora ha costruito sia in termini di Associati che di attività in cui essa partecipa. Gli associati hanno il dovere di difendere il più prestigioso presidio degli operatori economici della nostra Provincia per affrontare con calma e maggiore coinvolgimento, disinteressato e senza infingimenti, il delicatissimo argomento. I partecipanti all’assemblea, non potranno sic et simpliciter sottoscrivere la chiusura della Confcommercio di Avellino, firmerebbero una storica quanto disonorevole deliberazione. Nemmeno bisogna immaginare, come qualcuno con superficialità e ingenuità afferma, che Napoli si accollerebbe gli oneri finanziari lasciando gli onori alla delegazione di Avellino, quasi a dire io pago e tu decidi, sapendo che non è verosimile.

E quale proposta si sente di fare in alternativa?
Una delle strade praticabili potrebbe essere simile a quella adottata per l’accorpamento delle Camere di Commercio, che, con l’unione tra quella di Avellino e quella di Benevento, suggerisce di fatto un orientamento. Nello specifico si è tenuto conto di diversi importanti fattori: la morfologia del territorio, l’appartenenza alle aree interne della Regione, le analogie economiche e sociali, le simili (floride) situazioni finanziarie, ecc., aprire una riflessione onesta e leale su questo argomento con gli amici e colleghi di Benevento crediamo non sarebbe un problema. A questo si dovrebbe aggiungere la ripresa della progettualità della nostra struttura, ormai in stallo, da cui ricavare risorse da destinare al mantenimento della stessa.

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