Irpinia, isola bella e infelice.

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La recente pandemia ha favorito la riscoperta delle aree interne facendo emergere la necessità di produrre lavoro in modo sano e sostenibile. Nei piccoli borghi è stato possibile conciliare le nuove esigenze lavorative (smart working) con il viver bene. In essi si cela la piacevole scoperta di poter lavorare vivendo meglio, in alternativa al modello accentratore, oramai in declino, delle grandi città.

Imprescindibili, sono dunque, scelte politiche adeguate ai tempi, finalizzate a migliorare l’abitabilità delle aree interne, soprattutto al sud, tentando di ridurre l’atavica arretratezza economica e sociale ed invertire il trend dello spopolamento: collegamenti e mobilità, servizi sociali e infrastrutture.

Da tale prospettiva, l’Irpinia sembra essere sparita dall’agenda politica. Il fenomeno dello spopolamento è soltanto il leitmotiv delle campagne elettorali e non piaga sociale indice di una bassa qualità di vita (la provincia di Avellino è 93 esima su 107 province italiane per qualità della vita – Sole 24 Ore, 2021).

Al trionfalismo dei proclami per i fondi PNRR segue l’incapacità di spendere le risorse in modo utile al territorio:

  • fior di milioni investiti nell’industria del divertimento, zip line, ponti tibetani e luna park tra i monti.

Alla devastazione di fantasiosi progetti di valorizzazione si aggiunge l’incuria delle opere pubbliche e la mancata tutela del territorio e della risorsa idrica:

  • viabilità da terzo mondo, disagevole e insicura (vedi Ofantina, da anni strozzata da lavori interminabili, e ponti pericolanti in pessime condizioni);
  • aria più inquinata di tutto il Centro-Sud Italia (Report “Mal’Aria 2022” – Legambiente);
  • quinta peggiore provincia d’Italia per dispersione idrica (pari al 58% del totale immesso in rete – dati Istat 2022) a causa di fatiscenti reti colabrodo (vedi disservizi Alto Calore);
  • consueto saccheggio dei boschi, taglio abusivo e abbandono di rifiuti fuori controllo;
  • paesaggi crocifissi da terribili pale eoliche, scarsa valutazione di impatto ambientale e distruzione di terreni destinati a coltivazioni di pregio;
  • fiumi e torrenti, soffocati dal turismo selvaggio, trasformati in strade di ciottoli completano il quadro desolante.

In questo drammatico scenario, desta sempre più scalpore l’ostinata volontà di realizzare impianti di rifiuti in siti ad alto valore paesaggistico-naturalistico (vedi Montella e Chianche) che comprometterebbero definitivamente la possibilità di promuovere un turismo sostenibile di tali aree.

Crescita e sviluppo che, a seguito dell’isolamento ferroviario della provincia di Avellino per la mancanza di collegamenti con le linee ad alta velocità, già appaiono una chimera.

Urge un immediato cambio di rotta: l’Irpinia è un’isola infelice e la bellezza, da sola, dei luoghi e dei borghi, delle tradizioni e dei sapori non può più bastare.

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