Quanta energia si consuma negli uffici italiani? I dati e la possibile soluzione dello smart working

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Oggi i consumi energetici hanno una duplice importanza, sia a livello economico che ambientale. Perché da un lato rappresentano un costo non indifferente, sia per le famiglie che per le imprese, e dall’altro qualsiasi spreco pesa sulla disponibilità di risorse del nostro pianeta.

Non a caso, negli ultimi anni i consumi sono stati spesso posti sotto la lente d’ingrandimento, con il fine di sensibilizzare l’opinione pubblica facendo capire l’importanza di un comportamento ecosostenibile.

Questo discorso vale ovviamente anche per le imprese, visto che gli uffici italiani sono spesso protagonisti di un massiccio dispendio di energia. Ecco perché qui di seguito vedremo quanto si consuma negli uffici, e se lo smart working può diventare una soluzione utile a tal scopo.

Quanto si consuma negli uffici della Penisola?

Un recente report prodotto da ENEA ha approfondito la questione, analizzando centinaia di diagnosi energetiche in Italia. In media è stato calcolato un consumo energetico annuo di circa 40 mila Tep, su una superficie da 87 mila a 95 mila metri quadrati.

Come detto in apertura, questo consumo rappresenta sia una fonte di inquinamento ambientale che un costo non indifferente. Per quanto riguarda il lato economico, oggi le aziende possono usufruire di alcune offerte di energia elettrica per partita iva, come quelle di Acea, che permettono alle aziende di avere tariffe più adatte alle proprie esigenze.

Proseguendo con i dati della ricerca Enea, è possibile comprendere quali sono le fonti di maggior dispendio di energia. Per rendere maggiormente veritiero questo calcolo, Enea ha escluso dallo studio quei locali considerati atipici, come nel caso delle cucine e delle mense. Il risultato mostra come la fonte maggiore di sprechi negli uffici tricolori siano i sistemi di climatizzazione, che impattano addirittura per il 57% sul totale. Al secondo posto di questa speciale classifica troviamo i dispositivi FEM (apparecchi da ufficio e altri elettrodomestici), con una percentuale del 25%. Infine, al terzo posto si collocano le fonti di illuminazione artificiale, con il 17%.

Lo smart working può diventare una soluzione?

Spesso sentiamo dire che lo smart working può risolvere diversi problemi relativi agli sprechi energetici e all’inquinamento, ma non è un argomento così scontato. Da un lato è vero che lavorare da casa permette di ridurre ad esempio lo smog, dato che non prendiamo l’auto. Di contro, in certe stagioni come l’inverno, in realtà costa di più riscaldare una casa rispetto ad un edificio intero. Partendo dunque dal discorso del clima, si arriva a questa conclusione: lo smart working va incontro all’ambiente, ma solo in determinate città e in certi periodi dell’anno. A pesare sono infatti sia le condizioni climatiche che il livello di trasporto pubblico presente in quella determinata città.

Lo ha dimostrato anche una ricerca condotta da WSP UK, con una precisazione: l’abuso di aria condizionata pesa tanto quanto il riscaldamento.

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