Questa nuova raccolta di poesia di Sebastiano Gatto, Voci dal fondo (LietoColle) è divisa in quattro sezioni ( Corsie, Mia madre, Migranti, CCCP) relativamente diversi per ritmi e misure, ma unite nel cammino della mente e del cuore.
La silloge è inserita nella collana Gialla, diretta da Augusto Pivanti e dedicata alla giovane poesia italiana.
Naturalmente questa silloge si presta a diverse interpretazioni. C’è un io narrante fittizio, almeno così avverte l’autore e le voci che salgono dal fondo della storia e delle corsie appartengono alla gente, quella che incontriamo tutti i giorni, quella di cui sappiamo poco o nulla e che magari si confronta ogni giorno con il dolore, la malattia, il lutto.
Ma pensare che qualcuna di queste voci non appartenga in qualche modo anche alla vita di Sebastiano Gatto non credo sia, alla fine, credibile.
Le storie sono un pretesto: dentro c’è il sentire, lo sguardo di un uomo che ha capito molte cose della vita e del destino …
“Il tarlo lo senti in corsia,/ quando i parenti di chi muore/invece che al dolore si abbandonano/ a ordinarie burocrazie./ Lo senti nei lungodegenti/ che in vestaglia rimandano la morte /inserendo centesimi/ per un altro caffè./ Basta osservare,/ saltuariamente rubare parole,/ per rendersi conto che il tarlo/ non smette di rodere mai./ Poi timbri, imbocchi l’uscita:/ già al primo barlume di vita/ il tarlo tace,/non rode più.” (Il tarlo)
Quello che riesce a fare molto bene Sebastiano Gatto è accompagnare il lettore in quei momenti in cui la vita si confronta con il dolore. E lo fa richiamando il respiro e l’anima della poesia.
LietoColle
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