Avellino Jazz compie 30 anni, da oggi fino a domenica 10 alla Chiesa del Carmine e al Parco del Gesualdo
A trent’anni dalla prima volta, continua il viaggio verso i nuovi orizzonti della musica.
Per 5 giorni temerari, appassionati e varie umanità si ritrovano ad Avellino, per festeggiare i trent’anni di un Festival, che vede nella creatività e nell’ ospitalità, la direttrice artistica e umana da seguire.
Avellino Jazz
presenta
Una strada lunga 30 anni, senza sosta, con l’obiettivo di promuovere e divulagare una musica, il “jazz”, che vedeva in tutta Italia un nascere di festival e di iniziative, legate al mondo della musica jazz. Avellino, nel fatiscente ex Carcere Borbonico, da pochi anni “libero” ed in fase di restauro, accolse la prima edizione, ospitando un formidabile quartetto europeo di Enrico Rava. Quell’inizio e l’incontro con il mitico Enrico Rava, sono il cemento per un rapporto di collaborazione ed amicizia trentennale, con un Uomo di grandi qualità umane, oltre che artistiche. La colonna portante dell’identità del nascente “Festival” si costruisce, così, sull’attenzione ai nuovi idiomi del “jazz” ed il rapporto umano con tutti gli artisti coinvolti. Una disposizione ad evitare la mera esibizione dell’artista su di un palco, superando ill linguaggio “mainstream”, e coltivando un rapporto extraperformativo, con particolare attenzione all’ospitalità. In questi anni l’itinerario è stato seguito. Nella scarsità di risorse ed attenzione, un proficuo gruzzolo di generosità, passione ed attenzione rimane presente in questo variegato mondo di appassionati, che tre decenni fa s’incamminò . Il viaggio, come al solito, è affascinante e rischioso, e… la strada è libera! A tutti gli amici di sempre e futuri è rivolto l’invito a vivere questa Festa come la nuova tappa di un giro intorno alla Musica, alla Creatività, alla Convivialità. Un particolare ringraziamento al Comune di Avellino che, prontamente ha recepito la portata storica e di prospettiva di questa esperienza, nata anche per la città.”
Nel futuro si vada verso le residenze artistiche;si pratica meglio l’arte nei luoghi ospitali, che praticare “invasione” di luoghi ospitali, con concerti mordi e fuggi.